Nato nella provincia romagnola, a Morciano di Romagna, nel 1926, Pomodoro approda a Milano negli anni ’50; ma è alla fine degli anni ’60 che sceglie la sua “casa della vita” – il luogo della creazione artistica, non quello della dimora domestica – in uno studio nei pressi della Darsena: da lì ha aperto al mondo la sua vivace ed eclettica esperienza d’artista.
“Arrivato a Milano, il mio sogno è stato proprio quello di radicarmi in questa zona che trovo fra le più belle di Milano, dove ancora si possono vedere le pietre antiche su cui si lavava e gli attracchi dove si legavano i barconi, perché i Navigli erano il mezzo più facile per far giungere le merci e i materiali dalla campagna milanese. Milano era tutta una città di canali. […]”. Le parole di A. Pomodoro, tratte da una conversazione condotta da Sandro Parmiggiani, dipingono con semplicità i ricordi dell’incontro con la città e con le sue origini “fluviali”, protratte nella vitalità degli scambi e nella vivacità delle innovazioni.
Prossimo ad uscire, il libro Vicolo dei Lavandai, dialogo tra Arnaldo Pomodoro e Flaminio Gualdoni, realizzato in collaborazione con la Fondazione Arnaldo Pomodoro di Milano, ripercorre confidenzialmente il cammino della Fondazione dedicata al grande scultore e fa riaffiorare le sue esperienze umane e professionali, in dialoghi intimi e colloquiali che restituiscono liberamente l’umanità che sta dietro le idee dell’artista.
A. Pomodoro è consapevole di quanto sia importante la tutela delle proprie opere, ma è anche impegnato a creare un luogo di studio e di proposta culturale per il pubblico.
La Fondazione Arnaldo Pomodoro nasce il 7 aprile 1995, con sede in Vicolo dei Lavandai 2/A, allo scopo di conservare e catalogare le opere del maestro, ma anche di agire come luogo attivo, prevedendo spazi operativi ove tenere mostre, dibattiti, convegni. Pomodoro racconta del primo spazio espositivo a Rozzano, una ex fabbrica di bulloni ristrutturata e riorganizzata da Pierluigi Cerri, che apre nel 1999, e poi della grande sede in Via Solari individuata, quasi per caso, mentre cercava un ambiente per realizzare l’imponente opera Novecento, alta21 metri, destinata a Roma per la fine del millennio (inaugurata in piazza Luigi Nervi nel 2004). Dopo lo straordinario restauro di Pierluigi Cerri e Alessandro Colombo, la nuova sede apre il 23 settembre 2005.
Oggi, a 85 anni, Arnaldo Pomodoro ha sentito il bisogno di realizzare per il futuro, in Vicolo dei Lavandai, il suo “studio-museo”, anche se preferisce non usare questa espressione: “Vedo questa soluzione come la più equilibrata, quella che risponde meglio ai miei intenti originari. Quella che, soprattutto, garantisce alla Fondazione un futuro ben delineato a lungo termine. In questo senso non mi piace parlare di studio-museo. Sarà la Fondazione Arnaldo Pomodoro, e basta.”
Certamente non sarà un museo statico, congelato nella storia, bensì un punto di incontro vivo, un luogo di studio e di elaborazione creativa, “nel luogo dove si conservano le mie memorie …e dove si avvertono gli odori della vita dell’arte.”
Da alcuni decenni Pomodoro aveva colto le potenzialità di un luogo in cui alcune opere significative potessero essere esposte non solo per gli addetti ai lavori, ma anche per il pubblico: un centro di cultura permanente, visto nella sua evoluzione, adatto a conservare e insieme a sperimentare; una novità assoluta nel campo dell’arte. Ne nacque una documentazione organica del suo percorso e insieme un invito a non chiudere la creatività in venerati ma pur sempre sterili trionfi del passato.
Riconosciuta dal Ministero dei Beni Culturali con DM del 26 luglio 1997, la Fondazione si pone lo scopo di documentare infatti l’attività di Pomodoro, di catalogare le sue opere e di conservare le più significative, ma anche di agire come luogo attivo aperto verso il pubblico dell’arte, prevedendo eventuali mostre, dibattiti, convegni, con un occhio alle giovani generazioni.
“Ho sempre tenuto ben presente il consiglio che mi diede il caro amico Giulio Carlo Argan, al quale avevo parlato della mia idea di costituire una fondazione. Non doveva, egli mi disse, essere solo una celebrazione del mio lavoro, ma agire come un autentico luogo di studio e di proposta”.
La vita di Pomodoro è dinamica e ricca di incontri interessanti con artisti e intellettuali, da Igor Stravinskij ad Alberto Giacometti, da Giulio Carlo Argan a Fernanda Pivano, da Emilio Vedova a Giuseppe Santomaso e tanti altri. Attraversa città e continenti, si sposta per l’Europa e per l’America, espone, incontra, riceve premi, prepara scenografie e macchine teatrali, insomma esprime la sua carica vitale e la sua creatività in molteplici modi e ruoli, instancabilmente e sempre sorprendentemente. Anche quando, per incarico del Comune di Rimini, realizza una scultura in memoria di Federico Fellini, La grande prua. O quando, in occasione del 50° anniversario dell’istituzione dell’Onu, a New York, nel piazzale delle Nazioni Unite, viene collocata, dono del Governo e del popolo italiano, l’opera Sfera con sfera di metri 3,30 di diametro.
Grande è l’impegno di Pomodoro nelle problematiche dell’arredo urbano, del rapporto tra l’arte e l’architettura e nell’intervento di riqualificazione del territorio: non è certo un caso se gran parte delle sue opere nasce per l’esterno, respira l’aria di piazze e strade urbane, si fa scena aperta e lucente. “Avevo già capito che la strada della pittura non mi era congeniale, mentre ero attratto dalla materia che avevo bisogno di toccare e di trasformare.” Ecco, una materia da toccare e trasformare, un piccolo grande contributo alla costruzione del mondo, la collaborazione dell’artista col Creatore per quel poco di bellezza che è dato all’uomo di sprigionare dalla inerte materia.
Paola Papini
© Tutti i diritti riservati. Sensi Magazine, Maggio 2012
il volume Vicolo dei Lavandai. Dialogo con Arnaldo Pomodoro di Flaminio Gualdoni
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