La comprensibilità fenomenica, prerogativa storica di un approccio figurativo ancora valido, ci può aiutare a riflettere sul valore atavico della rappresentazione.
Hans-Georg Gadamer accosta la lettura di una poesia, quando è riuscita, allo sciogliersi di un canto. Da un insieme di momenti distinti, da una molteplicità di tentativi, l’esecuzione irripetibile fa risuonare la sua unicità in una nuova forma. Questa considerazione sulla pratica estetica chiude Il Silenzio della Gioconda, il testo di Pippo Lombardo pubblicato dall’editore Con-fine. Oltre a essere chiave di lettura del denso e coinvolgente dettato dell’autore, il pensiero finale ci aiuta a ricostruire una rete di corrispondenze tra le varie suggestioni presentate nel volume. Muovendosi liberamente nell’immaginario artistico classico occidentale, la trattazione mira al delineamento di una particolare visione della contemporaneità. L’intento è giungere ad esperienze recenti attraverso una prospettiva costruita nella piena coscienza dei contenuti dei capolavori del passato. L’attenzione si focalizza sulle varie stratificazioni filosofiche che sopravvivono nelle profondità delle scelte di segno e colore. Cercando di trasporre nel presente ogni istanza, l’autore suggerisce un punto di vista assolutamente attuale. In questo senso, ogni assunto si accompagna ad una spontanea rivalutazione della comprensibilità fenomenica. Prerogativa di un approccio figurativo ancora valido, questa particolare concezione della storia ci può aiutare a riflettere sul valore atavico della rappresentazione.
Strutturato come una sorta di insieme interdisciplinare di interventi, il libro presenta una serie di riflessioni iniziali su contenuti e finalità dell’arte contemporanea e un prologo che prende in esame i complessi rapporti metodologici e linguistici tra arte e scienza. La seconda parte, più ampia, alterna immagini di opere pittoriche a brevi saggi. Da Antonello da Messina a Piero della Francesca, passando dalla Divina Commedia rappresentata da William Blake, il discorso riesce a intrecciare una scrittura fictional a notazioni letterarie, citazioni di autori seminali e integrazioni storiche. Pensiero e sapere si affiancano e approdano ai giorni nostri, riuscendo a coinvolgere in una perfetta sintesi anche opere di autori contemporanei.
Maurizio Bongiovanni accompagna lo spettatore in un percorso di comprensione antropologica dell’arte. Attraverso una serie di passaggi logici, la pittura si fa strumento di viaggio, metodo di esplorazione dell’inconscio e di archetipi ricorrenti. Gli animali sono i privilegiati soggetti di questa indagine. Alla base della loro rappresentazione, sta la comune radice etimologica che li rende vere e proprie manifestazioni universali dell’anima stessa.
Agostino Arrivabene propone una congiunzione di matrice tardo-romantica tra i concetti di finitudine e infinito. La cupa espressività è filtrata da un pessimismo cosmico e sfocia in atmosfere surreali.
Contemptus Mundi (disprezzo per il mondo) è rievocato da Laura Pugno in una lotta tra astrattezza e realismo. La vertigine è la coordinata di un tentativo metafisico di coniugare sentimento esistenziale e necessità della finzione.
Una particolare storia del segno scaturisce dal rapporto tra forme classiche e utilizzo di modalità mass-mediatiche. Yorgo Manis disorienta lo spettatore rappresentando la Basilica di San Paolo a Roma e caricandola di significati arbitrari. Segnali, vettori, rette e colori rimandano la possibile significazione all’infinito. Il senso si scioglie nell’accettazione di un numero illimitato di direzioni proposte dall’artista. L’essenza è l’espressione della diversità ultima, al di là dei contrasti cromatici e delle linee di fuga. La progettualità della bellezza, allo stesso modo, si impone come eredità da seguire per una continua accettazione e rielaborazione dell’immagine. Giovanni Zoda gioca con autenticità nel campo del postmodernismo, tra messa in discussione del relativismo e proposta di uno stile razionale, di matrice umanistica.
La risposta alla Gioconda L.H.O.O.Q. di Marcel Duchamp sembra celarsi in questa sequenza di intuizioni. Il ready made rettificato da una riproduzione fotografica del 1919 può essere considerato come il momento in cui il ritratto perde il suo alone di sacralità e rinuncia al mistero dell’attribuzione di senso. Il capolavoro di Leonardo interroga la contemporaneità da uno scenario silenzioso, mentre le modalità attuali manovrano verso il disfacimento di forme riconosciute e condivise. Correlativo oggettivo di questo concetto è l’emotività espressa nel dipinto Unstable Cover (1995) di Iman Maleki. La rappresentazione della Gioconda coperta da un telo, dal quale emergono soltanto le mani del quadro di Leonardo, realizza un perfetto esempio contemporaneo dell’enigmaticità dell’esperienza estetica legata all’immagine.
Ivan Fassio
© Tutti i diritti riservati. 5 PEZZI facili
il volume Il silenzio della Gioconda di Pippo Lombardo.
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