Il mito è lo spazio che si dà alla fantasia ed all’emozione, indipendentemente da una logica stringente
(Laura Celentano).
Smuove molte emozioni, rimaste latenti, ma non annichilite da questo tempo digitale nemico della memoria, quest’intervista che il magistrato Ernesto Anastasio confezionò, in forma sonora, con la docente del liceo classico “Publio Virgilio Marone” di Meta, Laura Celentano, due giorni prima del suo passaggio ad un’altra dimensione.
Quello che colpisce lo scrivente non è solo l’estrema erudizione di una prof. che aveva dedicato la sua vita all’insegnamento, ma il ricordo di quel suo particolare argomentare, saltabellante da epoche e luoghi culturali diversi, che lungi dall’essere un percorso muscolare intellettuale, rappresentava il suo modo di “formare” i discenti, non solo allo studio, essenzialmente logico delle lingue cosiddette morte, ma al “corso dei pensieri” della vita”. Sì, perché prima i docenti cercavano di costruire il fondamenti di una costruzione che atteneva alla formazione dell’individuo: i crediti ed i debiti appartenevano alla sfera delle partite doppie. Chi avrà la ventura di leggere questo testo scoprirà le idiosincrasie molto motivate che Platone aveva nei confronti della scrittura e dell’importanza dialogica che assumeva la lettura in questa logica di “riconoscimento”; le basi ed il significato anche etimologico del Mito, che è comunicazione del pensiero mediante emozioni.
In questo solco sorridiamo quando la Celentano critica l’uso feticistico del mito in Vincenzo Monti, o quando ricorda che gli aedi ed i poeti si rivolgevano agli Dei, sì con deferenza, ma soprattutto con familiarità. Poi si passa ad analizzare i tragici – Eschilo, Sofocle, Euripide – e c’è un passaggio di civiltà dalla vendetta privata all’amministrazione della giustizia: nasce la polis. Tutto sembra nascere dalla Grecia, ma la Celentano fa capire che solo nel passaggio della cultura ellenica a quella latina, e dopo il medioevo a quella neolatina, l’eredità greca passa nelle lingue e culture moderne condizionandone costumi, diritto e letterature: quindi le lingue. Con Euripide poi nasce il teatro nella somministrazione al popolo di due diverse ed inconciliabili versioni mitiche. Dopo la conclusione della partizione sul mito, Anastasio e la Celentano passano a discorrere di Cicerone. Consigliamo al lettore di soffermarsi su questa parte perché appare evidente che mentre in quella sul mito, Anastasio sembrava dare la stura con le sue curiosità alla lezione della Celentano, con l’argomento Cicerone si viene a costituire un dialogo, sullo stesso piano, tra i due. Questa era una caratteristica di Laura Celentano anche quando insegnava ai ragazzi del Liceo. Non era una docente dell’ipse dixit, ma cercava di stimolare in tutti – ognuno con il suo grado di apprendimento – un “filo di pensiero”. C’era in lei un principio di conservazione implicito in ogni “conferimento”, come chiamava le interrogazioni.
Dopo Cicerone, i dialoganti finiscono a parlare di Tiberio e Tacito, delle traduzioni dell’Antico Testamento di San Girolamo che volle partire dall’ebraica verità. Poi magicamente si ritorna al punto di partenza: il mito. Le ultime parole di quest’intervista che diventa dialogo sono una nota del redattore di Anastasio: “sorride divertita”. Anche in questo la Celentano era al passo con i tempi: una donna laica con il gusto anche della risata, in controtendenza, in quegli anni, con l’esercizio dell’insegnamento liceale, molto abbottonato ed agelasta.
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