Oggi vogliamo riproporvi un articolo che Gino Fienga ha scritto sul suo blog all’inizio di agosto. L’articolo scaturiva dalla notizia che il Washington Post era appena stato acquisito da Jeff Bezos, fondatore e proprietario di Amazon.com
Visto che ci sembra molto interessante discutere di un argomento così attuale che comprende temi quali l’informazione, la cultura, la comunicazione, eccolo qui, e siamo sicuri che lo troverete molto interessante.
L’acquisizione del Washington Post da parte di Jeff Bezos, proprietario e fondatore di Amazon.com, è stata definita da molti la fine di un’era. Non sono d’accordo, anzi…
Il fatto che un personaggio così importante della new economy si sia interessato ad una testata giornalistica così ‘tradizionale’ significa di certo che vede in essa ancora delle forti potenzialità.
Sicuramente un quotidiano del genere è un ‘luogo di potere’, ma non solo questo.
Il problema della carta stampata non è – come molti pensano – il web: la crisi è da ricercarsi in qualcosa di più sottile, molto più radicato in un vecchio modo di fare informazione che in quello di fruirla.
Credo che ogni editore, me compreso, non dorma la notte pensando a questo. Chi scrive, chi stampa, chi produce contenuti, fa ancora fatica a capire che non si può declinare la stessa informazione attraverso tutti i canali nello stesso modo e con lo stesso linguaggio (che è praticamente quello che fa chiunque: prendi un fatto, scrivi un pezzo e poi lo posti, lo twitti, lo pinni, ecc. ecc.).
Chi produce contenuti, invece, deve essere pronto a scrivere e a pensare in maniera ‘trans-mediale’, essere capace di creare dei percorsi che conducano i lettori attraverso le varie piattaforme (dove non è ultima e non meno centrale quella cartacea) a caccia di tutti i tasselli della storia che si vuole raccontare.
E’ questa la scommessa a cui è chiamata oggi la carta stampata: trovare la sua collocazione all’interno di questo percorso attraverso la foresta di media che è cresciuta su di essa e che sembra soffocarla. Deve diventare l’humus di cui il mondo dell’informazione e della cultura hanno bisogno, la terra fertile che rimane solida al suo posto mentre al passare delle stagioni (e delle mode) le escrescenze che produce nascono, crescono e poi muoiono. In una continua interazione, in un continuo scambio di sinergie e di rimandi, perché non dimentichiamoci che anche le piante che seccano diventano poi nuovo concime.
Pensate ancora, quindi, che la carta stampata stia morendo?
di Gino Fienga
One response
Ho letto con molta attenzione il tuo post e mi ha molto colpito.
Mentre leggevo, nella mia mente è salita a galla una frase, pronunciata qualche anno fa da un illustre politico, che recitava testualmente: “Con la cultura non si mangia”.
Il mio inconscio ha cercato di rimuovere questa frase (in modo vano, direi), perché è una cosa difficile da accettare: come può un membro rappresentante della classe dirigente di un paese come l’Italia, pronunciare una frase del genere. Se le istituzioni lo volessero realmente, il nostro paese potrebbe vivere solamente di cultura.
Mi chiedevo: “Ma si rende conto di quello che ha appena detto, e sulla ricaduta che una frase del genere possa avere sui giovani (e non solo)? ”
Il senso di “disorientamento” che traspare all’inizio di questo post, è lo stesso da cui mi sento sommerso da parecchi anni.
Un mesetto fa ho aperto un blog, in cui ho deciso di mettermi in gioco e cominciare a scrivere su tutto ciò che concerne la mia disciplina preferita: l’Arte. Questo mi consente di riprendere di nuovo i libri in mano e soprattutto di coltivare un elemento che avevo un po’ smarrito negli ultimi anni: quella curiosità di cui tu accennavi verso la fine del post. Spero di essere un lettore qualitativamente all’altezza della tua rivista (che spulcerò subito dopo aver lasciato il commento) e, se me lo consenti, magari proverò a trovare qualche spunto per i futuri miei post. Ti auguro di trascorrere una buona giornata.