Pittore, illustratore, scultore, scenografo, mosaicista, grafico, Mario Sironi (1885-1961) ha dato forma composta agli ideali di un’epoca drammatica. Ha dipinto e scolpito operai, madri, eroi. Gente qualunque, in prima linea. «Aspirava ad un’arte moderna pubblica che non comunicasse dalle pareti del “salotto borghese” a una ristrettissima cerchia di fruitori, ma alla collettività».
È questo aspetto della sua opera che gli autori del volume sottolineano e documentano: «Aveva capito con grande anticipo l’importanza di far comprendere l’arte alle masse».
Poi ci fu il tempo buio della guerra, idoli e utopie si rivelarono per quello che erano e anche la funzione sociale dell’arte gli parve l’ennesima aspirazione tradita. Gli ultimi anni continuò a dipinge re in solitudine e disperando in una vera utilità del suo lavoro. Sironi, ha scritto Guido Ceronetti, «non ha figure che mentiscono, colori vogliosi di piacere all’occhio. Vissuto, morto pazzo di verità, impone un rispetto assoluto».
di Cara Ronza
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