L'inferno delle donne

olocausto

E’ da qualche giorno ormai che con Giulia, mia figlia di 9 anni, parliamo della giornata della memoria. Oggi lei con la sua classe andrà in comune per assistere ad un documentario che le spiegherà (anche se non so come si possa farlo) cosa è successo anni e anni fa…
Qualche sera fa ci ho provato anch’io a spiegare, ma mi sono accorta che le parole mi mancavano, che forse neanch’io ho mai capito bene, che tutto quell’orrore è impossibile da spiegare, impossibile usare la logica.

Poi oggi ho riletto il racconto che Sergio Saggese mi/ci regalò l’anno scorso e che pubblicai proprio in questa giornata. Rileggerlo non mi è servito a capire, però mi è servito a provare, almeno in parte, il dolore, un dolore che non si potrà mai più dimenticare.

Il racconto che si intitola ‘L’inferno delle donne’ inizia così:

Il giorno in cui sono diventata invisibile è stato lo stesso in cui hanno preso mamma, papà, Luciano e il nonno. Era di sera. I nazisti hanno fatto irruzione nella nostra casa mentre cenavamo.
Un soldato ha schiacciato papà col muso nel piatto, l’ha tirato su per i capelli e, infine, l’ha spinto fuori casa. Ce ne avevano assegnata una nel cuore del ghetto di Civitella del Tronto che non so se più umida o più fredda. Ma eravamo stati comunque fortunati.
A molti, peggio che a noi, era crollata già dopo qualche settimana e s’erano ritrovati in strada. Perduto il lavoro, papà s’era messo a vendere oggetti di seconda mano, compreso abiti vecchi che mamma, per aiutare, rammendava. “Te e Luciano”, m’aveva detto, “non potrete più andare a scuola, perché hanno promulgato una serie di leggi razziali contro gli ebrei che purtroppo ve lo proibiranno”. Abbassai la testa per non farmi vedere piangere. Lui mi chiese che cosa c’era. Io presi il mio quaderno di appunti e una penna facendo finta di scrivere e gli risposi rimanendo a testa bassa: “Niente pa’, voglio solo segnarmi, per ricordarmela, la parola “promulgato”.
Una volta diventata invisibile, il soldato che guardava verso di me non m’ha più vista. Ma trapassatami con lo sguardo ha purtroppo adocchiato mio fratello Luciano alle mie spalle che cercava di svignarsela e gli si è subito avventato contro. Il nonno ha cercato di proteggerlo. Me lo ricordo con le mani giunte che supplicava il soldato affinché non lo picchiasse, ma Luciano le ha prese lo stesso. Il soldato gli diede due pugni s’un occhio, che gli si fece immediatamente viola melanzana.
La mamma, invece, mi ricordo che gli occhi li tenne per tutto il tempo sgranati, di un azzurro rabbuiato, da mare mosso.
Festeggiavamo la pasqua ebraica, quella sera. Li hanno presi tutti tranne me. Ero invisibile ormai, non m’hanno nemmeno sfiorata, ma pur di restare coi miei li ho seguiti.

Se volete leggerlo tutto salvate il pdf.

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