Sono ormai sette anni, da quando è nata la rivista d’arte che ho l’onore di dirigere, che continuo a fare richiesta di partecipazione alla fiera di ‘casa nostra’ – Arte Fiera Art First – e sono ormai sette anni che io e con-fine art magazine veniamo puntualmente e candidamente ignorati.
Francamente continuo a non comprenderne le ragioni.
Ho personalmente sollecitato più di una volta una semplice spiegazione, pensando ingenuamente di averne diritto, anche se basterebbe l’educazione e il rapportarsi civile fra operatori di questo ‘settore’ – l’arte – a indurre ad una risposta che, tuttavia, dopo sette anni, continua a non arrivare.
Si vede che non solo con-fine art magazine non è una rivista degna di partecipare alla kermesse bolognese, ma che neanche il sottoscritto e la sua redazione meritano i due minuti di tempo di una qualche zelante segretaria che possa scrivere una breve email, un tweet, un post, un messaggio di fumo che dica: – Non potete partecipare perché …… – Silenzio!
Si, lo so che non faccio parte di quella schiera di vips che in quei giorni percorreranno i rossi tappeti e faranno impazzire i fotografi che vorranno immortalarli di fianco ai nuovi direttori.
Lo so che sono solo un piccolo editore di periferia che lavora da tanti anni con impegno per portare avanti una rivista di livello internazionale dove la critica non sia ‘pubblicitaria’, ma reale, dove la qualità superi la fantasia dei redazionali a pagamento, dove l’arte e l’artista siano davvero oggetto di interesse culturale e non solo merce di scambio.
con-fine art magazine è una delle poche riviste al mondo di questo tipo e, forse, è proprio per questo che le è vietato l’accesso al sistema. Ci si riempie sempre la bocca alle conferenze stampa con le parole cultura, internazionalizzazione, rete, ma non interessa a nessuno chi queste cose le fa davvero.
Del resto è paradossale ma, intanto, Frieze da Londra ci risponde via Twitter (https://twitter.com/confineArtMag) per farci presentare l’application per la prossima edizione. Nemo profeta in patria?
Forse è la paura di apparire provinciali agli occhi del mondo se si sostengono le imprese che provengono dallo stesso territorio?
Non lo so. So solo che in Italia continuiamo a non fare rete, continuiamo ad essere esterofili a discapito delle eccellenze di casa nostra, continuiamo ad essere per questo sempre più piccoli e sempre, comunque provinciali.
Vogliamo continuare così?
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