Cosa significa fare un libro?

La cosa buffa è che moltissimi pensano che fare un libro sia un gioco da ragazzi: basta avere un pc, un editor di testo et voilà, il gioco è fatto.

In vent’anni di editoria ne ho viste di tutti i colori, stravaganze di ogni sorta, e soprattutto nel mondo dell’arte spesso e volentieri chi ha un po’ di creatività, al momento di fare il catalogo del caso, si sente subito editore e sa già tutto, lui ha sempre tutto pronto e ti dice: ma io ho già fatto tutto, è tutto in word, in pratica lo devi solo mandare in stampa.

Solo mandare in stampa??? In questi casi, da lì comincia un vero e proprio combattimento psicologico impari per far capire che se fai l’editore da vent’anni forse qualcosa l’hai imparata e quando dici che non ci vogliono due giorni per impaginare e mandare in stampa un volume di 180 pagine, semplicemente perché è già tutto nella sua testa, forse sarà vero, o no?!

E vabbe’, ma che ci vuole? Dice lui

Intanto per quanto puoi essere il superman dell’editoria quello della composizione di un libro è un lavoro di precisione, di equilibri, di millimetri, spesso anche di riflessione e di scelte ponderate.

Ma magari, a volte, non ci vorrebbero neanche tempi biblici se poi una volta impaginato come dio comanda sempre il creativo della situazione non cambiasse improvvisamente idea praticamente su tutto: e il testo lo vuole all’inizio anziché alla fine, e le foto non vanno più bene e sono troppo scure e sono troppo chiare e tu a cercare di spiegargli che se tu hai un monitor calibrato che costa diverse migliaia di Euro e lui invece le guarda dal cellulare non è neanche il caso di discutere; e il formato non va bene – certo perché tu magari l’hai impaginato in word formato a4 mentre magari quello di stampa era un 21×21 e ora non ti riporta più niente – e le didascalie non gli piacciono con quel carattere e sono troppo piccole e non si leggono (sempre guardate dal cellulare) e il colophon e la copertina… e intanto passano settimane, mesi e tu, come diceva il sor Perozzi in Amici Miei, impagina, scompagina, rimpagina, riscompagina e non si finisce mai e se ne vanno un’infinità di ore di lavoro quando all’inizio si era detto che sarebbero bastati due giorni perché in pratica era tutto pronto.

Non fidatevi MAI di quelli che vi dicono che in pratica è tutto pronto! Novanta volte su cento non lo è…

E allora che cosa significa fare un libro?

Innanzitutto significa che ognuno deve fare il suo mestiere.

L’autore deve fare l’autore, l’artista deve dipingere i quadri e non il catalogo, il curatore deve pensare alla mostra e non trasformarsi tutte le volte in editore, il grafico deve fare il grafico, il fotografo deve fare il fotografo e via dicendo… se no c’è il rischio che anche al tipografo possa venire in mente di fare il curatore per mettersi a sindacare sulle cazzate che sono scritte nei suoi testi. Bisogna dire che in tutta questa filiera i tipografi di solito sono i più ‘umili’ e discreti. Fanno il loro lavoro in silenzio, sempre un po’ dietro le quinte, in Italia ce ne sono di bravissimi e tirano fuori degli ottimi risultati spesso ‘aiutandoti’ senza dirtelo.

Quindi fare un libro non è un gioco da ragazzi, ma un’operazione complessa che vede in gioco tante professionalità, soprattutto se non è un romanzetto di cento pagine solo testo, ma si tratta di un catalogo d’arte dove i fattori che interagiscono tra di loro sono davvero tanti e tutti importanti a quello che poi deve essere lo scopo finale, ovvero la trasmissione del contenuto e la comprensione da parte del lettore di quelle informazioni che stiamo cercando di ‘immortalare’ attraverso la stampa.

Per cui, il messaggio è: non pensate mai che fare un libro sia una cosa che possono fare tutti.

Se volete un risultato di un certo livello, affidatevi a chi lavora ad un certo livello.

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