Modigliani Art Experience al Mudec. Una cagata pazzesca.

 

Una cagata pazzesca!

Non c’è altro modo di definire la mostra Modigliani Art Experience in corso al Museo delle Culture di Milano. È davvero singolare come un Museo così importante e bello come il MUDEC si possa permettere di proporre al pubblico degli eventi di così bassa qualità.

Modigliani Art Experience si pone come un “inedito e originale evento espositivo” che “mette in scena con suggestiva spettacolarità il mondo di Amedeo Modigliani”. Ero curiosissimo, fra l’altro ho sempre avuto una particolare predilezione per Modigliani, per cui mi interessava molto scoprire qualcosa di più, o comunque vivere un’esperienza interessante.

Allora, facciamo il biglietto e saliamo al primo piano del Museo e il percorso della mostra inizia già prima di “staccare il biglietto” con dei pannelli di forex sospesi in una vetrina che in maniera decisamente noiosa raccontano la vita di Modigliani, il tutto condito con un fantastico schermo dove scorrono immagini apparentemente un po’ casuali. Che strano, ho pensato fra me e me, mah?!, perché una mostra Experience comincia in una maniera così triste e tradizionale…?! Boh, andiamo avanti.

Staccato il biglietto si entra in una stanzetta (sedicente “sala scrigno”) che dovrebbe spiegarci il rapporto fra Modigliani e l’arte africana. Il tutto si riduce a tre maschere e due statuine che si affiancano a tre opere che non c’entrano assolutamente niente con questo discorso, ma chiaramente messe lì per poter dire che ci sono anche delle opere originali: tre minuscoli quadretti, un olio e due disegni – per carità, carini -, ma del tutto inutili ai fini espositivi.

Bizzarro il fatto che non si parli o non si mostrino confronti con la scultura di Modigliani… magari si poteva fare qui qualche intervento multimediale per far vedere e capire le cifre stilistiche comuni a questi manufatti con le opere plastiche dell’artista, ma forse è chiedere troppo.

Vabbè, ma non perdiamo le speranze, ci sarà probabilmente ancora tanto da vedere…

Entriamo quindi fiduciosi nello spazio successivo impazienti di essere avvolti da quell’immersiva spettacolarità di cui si parlava.

Wow…

Uno stanzone proiettato su tutti e quattro i lati e sul pavimento. Beh, della potenzialità c’è… all’inizio non capisco bene cosa sto vedendo, vedo solo opere che mi vengono incontro, con una colonna sonora molto nazional popolare e senza un apparente criterio. Poi vedi le panche e la gente seduta e capisci che quello forse vuole essere uno spettacolo che dura un tot e che devi stare lì a guardarlo cercando di cogliere una qualche narrazione e continuando a sperare di rimanere stupito e affascinato come promesso.

Invece tutto si riduce a poco più di una presentazione di PowerPoint con delle slide che sembrano fatte frettolosamente da un grafico di periferia e replicate quasi sempre uguale su tutte le pareti. Sembra che manchi l’omino parlante al centro della sala con il suo talk esplicativo… non so, forse era necessaria l’audioguida, ma alla biglietteria nessuno me lo ha proposto né tantomeno detto che senza non si sarebbe capita una mazza.

Però, peccato, mi aspettavo qualcosa di davvero più dinamico e coinvolgente: proiezioni che si muovono da una parete all’altra, una drammatizzazione della vita dell’artista, chessò, un qualcosa che mi tenesse lì attaccato alla panca e non voler più andare via. Macché una noia mortale e soprattutto l’incredulità di stare assistendo ad una cosa fatta COSI’ male.

Però, dici, magari questo è solo l’inizio, dopo chissà che troverò?! E quindi scappiamo dalle foto dei quadri che ci vengono incontro e cerchiamo di capire cosa ci aspetta. Un corridoio con qualche citazione sui muri dopodiché una sorprendente stanzetta con dei disegni proiettati sui muri che si autodisegnano. Doppio Wow!

Cioè, tu stai lì e vedi questi francobolli proiettati sul muro che appaiono, si disegnano, e poi scompaiono, in un turbinio di emozioni e soprattutto di “efficacia documentaria” senza precedenti.

Vabbe’, dici: sarà una stanzetta di passaggio, vediamo come evolve la situazione…

E magicamente ci troviamo nella stanza degli specchi… quanto mi piaceva quando andavo da bambino al lunapark con mio nonno la stanza degli specchi!!!

E magari ne avessi trovata una dove fossero proiettati i quadri di un grande artista, forse avrei capito tante cose già prima di venire qua a spendere quei 13 euro che già sto cominciando a rimpiangere.

Dunque… la stanza degli specchi (qui definita infinity room). Anche qui proiezioni apparentemente senza criterio proiettate su una parete e ovviamente riflesse su tutte le arte in un gioco infinito di riflessione sull’opera di Modigliani (battuta!). Importante sottolineare che con fragoroso accompagnamento di tamburi, ogni tanto tornano alla ribalta le maschere africane a ricordarci questo importante fonte di ispirazione e cardine attorno al quale sembra ruotare tutto questo carrozzone.

Ma la speranza è l’ultima a morire.

Sempre più mesto mi avvio verso la prossima stanza e con sommo stupore mi ritrovo nel bookshop… torno indietro, cerco altre porte, rifaccio il percorso a ritroso, avanti, indietro e il “finale drammatico”, preannunciato nel cartello letto nella prima sala è proprio questo: la scoperta che la mostra finisce qui e che i 13 euro che gli hai dato sono stati soldi presi e buttati nel cesso.

Io voglio anche apprezzare il lavoro e lo sforzo fatto da Crossmedia, la società che ha realizzato questa cosa per 24OreCultura ma queste sono cose che si possono proporre nel museuncolo di provincia che deve dare al turista estivo una mezz’oretta di pseudo offerta culturale, non in un museo che “si propone di essere un polo in costante dialogo con le comunità internazionali presenti a Milano, capace di intercettare la pluralità delle culture della città e di restituirne la complessità tra ricerca scientifica, testimonianza storica e interpretazione dell’attualità.”

Non prendiamo in giro il pubblico dell’arte, direi che non se lo merita.

Ma diamo fiducia al MUDEC e teniamoci pronti ad andare a scoprire le prossime proposte invernali.

 

Ascolta qui il podcast  del video:

 

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