È tornato l’incontenibile Antonio Pennacchi da Latina – Littoria con la parte seconda di “Canale Mussolini (pagg. 425, euro 22; Mondadori)” che nella sua prima vinse lo Strega 2010.
Ora al centro della narrazione troviamo Diomede uno dei più indipendenti ed anarchici del clan Peruzzi: alieno ai lavori nei campi e muratore sopraffino. Gli americani – siamo nel gennaio 1944 – stanno per stringere i tedeschi in una morsa che li porterà a vincere la guerra e la comunità dell’Agro Pontino si trova in mezzo a questa trasformazione della Grande storia, che per loro è lotta per la sopravvivenza autentica.
Ci mancavano i Peruzzi-Zorzi: ci mancava quest’impasto linguistico di veneto – ferrarese, unica vera novità nel campo della letteratura italiana, con il siculo camilleriano ed il dialetto di Guccini delle Cronache epafaniche. Amiamo gli impasti linguistici contadini: ne “Il fasciocomunista” ciò che dico può essere capito più propriamente. Amiamo quasi tutta la produzione dello scrittore – operaio tranne quell’incursione fantasy de “La storia di Karel”, ma siamo cattivi giudici: questa moda del fantasy la troviamo labile.
Soprattutto pensiamo – in questa eterna campagna elettorale che assilla il nostro sventurato Paese, sempre a caccia di “riforme” – che davanti ai tanti rivoli di racconto di Pennacchi che ben assembla i frammenti di memoria, non c’è lotta politica che tenga o revanschismi d’accatto. Con il nostro grande Leonardo Sciascia pensiamo che “ciò che resta nella vita sia soltanto il racconto”.
No responses yet