Nato il 24 maggio 1812 a Napoli in una famiglia borghese di origine francese, rimasta a Napoli anche dopo la caduta del Murat.
Non abbiamo notizie sui primi anni di vita di Teodoro che abitò sempre nella zona di Chiaia, frequentata dai forestieri e da quei pittori di paesaggio che campavano la vita vendendo loro le più celebrate vedute della città. Fra i tanti Antonio Pitloo, l’olandese che avrebbe dato nuovo impulso alla rappresentazione del paesaggio napoletano, capostipite della cosiddetta Scuola di Posillipo, che abitava al vicolo del Vasto 15 dove verso il 1820 aveva aperto una libera scuola di paesaggio, frequentata fra gli altri da Giacinto Gigante e dal Vianelli.
Dal 1824 l’olandese insegnava alla Scuola di Paesaggio presso il Real Istituto di Belle Arti e qui il Duclère fu suo alunno, se già non lo era stato nello studio privato. Nei documenti dell’Archivio dell’Accademia si registra la costante partecipazione di Teodoro ai concorsi mensili fra il 1829 ed il 1831, con una serie di primi posti che ci mostrano i suoi progressi artistici dal giugno del 1829, quando in seconda classe risulta primo con un disegno dal vero di un albero di noce, al dicembre del 1830, quando in prima classe, passato dalla tecnica del disegno alla pittura, vince con uno studio di barche, dipinte dal vero alla Marinella col Vesuvio sullo sfondo.
Dopo il luglio del 1831 non si trovano più tracce della presenza del pittore nel Real Istituto fino al 1861. Nel frattempo entra a far parte di quel gruppo di paesaggisti gravitanti nella zona fra Chiaia e Posillipo, viaggia attraverso le varie province del Regno e si reca più volte in Sicilia, come documentano molti disegni firmati e datati, conservati nel Museo Correale di Sorrento. I più antichi, con luoghi di Puglia, Sicilia e Campania, attestano uno o più viaggi compiuti nel 1831 e si possono meglio giudicare alla luce della vera data di nascita del pittore. Intanto non si interrompono i rapporti con Pitloo tanto che, oltre un anno dopo la sua morte, avvenuta il 22 giugno 1837, Duclère ne sposa la figlia Sofia.
Il 7 settembre del 1838 la vedova di Pitloo, Giulia Mori, di anni 44, abitante al vico Dattilo, ed i signori Duclère, domiciliati alla Riviera di Chiaia, al civico 250, diedero il loro consenso alle nozze di Sofia e di Teodoro. I due promessi, il 3 ottobre, si impegnarono a celebrare il matrimonio in chiesa e lo fecero il 18 di ottobre. In quest’occasione Carlo Teodoro si dichiarò pittore paesista, di anni ventisei, e, come anche gli altri protagonisti degli atti citati, si avvalse di testimoni che ci fanno immaginare una comunità di artisti legati da amicizia ed attivi nella stessa zona e per una clientela affine. Ricordiamo innanzitutto don Gaetano Gigante, del fu Francesco, che si dichiarò “pittore figurista” e si attribuì 60 anni, essendo quindi nato verso il 1778 e non nel 1770 circa come si ritiene (vanità del dichiarante o errore delle fonti ?). Con lui Achille Vianelli, “del Piemonte”, infatti era nato a Porto Maurizio nello stato sabaudo, pittore paesista; Andrea De Crescenzo, di anni 26, pittore quasi dimenticato come pure Alfonso Dun, di Napoli, di anni 29, pittore ritrattista, forse fratello di quell’Augusto, paesista legato a Giacinto Gigante. E’ probabile che in uno dei testimoni alle nozze si possa riconoscere il ritrattista Carlo De Falco, il cui nome viene trascritto come Carlo di Falco. Non solo artisti, però, ma anche uno di quei personaggi indispensabili a supporto del loro lavoro, spesso in credito presso di loro, un “colorista” svizzero, Giacomo Hottinger.
Teodoro continuò a svolgere la libera attività di pittore paesaggista, recandosi spesso in vari luoghi del Regno, come attestano le date apposte ai suoi disegni. Numerose le sue presenze in Sicilia, scaglionate fra il 1831 ed il 1860.
Nel 1848 Duclère doveva godere di un buon prestigio tanto che nel marzo 1849, lo ritroviamo inserito fra i membri della Commissione per le riforme dell’Istituto di Belle Arti, non conosciamo il ruolo svolto dal pittore nell’ambito della commissione che, comunque, approdò a pochi risultati, finendo soppressa il 28 agosto del 1849.
Più tardi merito e motivi politici dovettero giocare un ruolo importante nel determinare l’assunzione dell’artista come docente, dunque Duclère entrò a far parte dell’organico del Real Istituto di Belle Arti come assistente, con lo stipendio annuo di lire 1275.
Anche per l’ultimo decennio della vita di Carlo Teodoro la documentazione è scarsa. Quella presente nelle carte dell’Accademia ci indica la sua partecipazione alle riunioni ed alle lezioni, il suo contributo a qualche colletta promossa per aiutare colleghi bisognosi e non altro. Egli veniva considerato un buon acquerellista e già nel 1855 il Napier aveva scritto: “dipinge ad olio con fedeltà e nitidezza ma disegna ad acquerelli ed a matita con maggiore indiscutibile eccellenza”. Proprio un suo acquerello, “Veduta di edifizi-Amalfi”, di cm 80 x 108, fu scelto, con altri di Gigante, a rappresentare la scuola napoletana di paesaggio all’Esposizione Internazionale di Londra del 1862. Per l’organizzazione di questa esposizione erano stati creati vari sottocomitati speciali; uno di questi, che doveva selezionare opere di artisti meridionali, nominato nell’agosto del 1861, fu composto da nove professori del Real Istituto di Belle Arti, fra i quali Duclère.
L’entrata nel Reale Istituto ufficializzò di certo il prestigio acquisito dal pittore con la sua attività privata, rivolta non soltanto agli acquirenti dei paesaggi ma anche a ricchi dilettanti che volevano studiare la pittura sotto la sua guida. In tal senso è documentato il rapporto col conte sorrentino Pompeo Correale, iniziatosi forse nel 1858, quando il nobile ha un suo non meglio identificato maestro di disegno, ma accertato tramite pagamenti dal 1861 al 1869 (anno della morte di Teodoro Duclère), oltre che dai riscontri stilistici evidenti nei dipinti di Pompeo che, dopo la morte di Duclère, si fece allievo di Giacinto Gigante. Per quanto le carte dell’archivio dei Correale tacciano in merito, dobbiamo supporre che proprio grazie al rapporto con l’artista il collezionista riuscì ad acquisire, in vita o dalla sua vedova, non soltanto diversi suoi quadri ma anche moltissimi disegni che ci mostrano le grandi qualità grafiche dell’opera di Duclère e che si conservano tuttora nel Museo Correale di Sorrento.
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