Sfogliando “Visioni del Mondo” – il volume della mostra di Daido Moriyama curata da Filippo Maggia e Italo Tomassoni (CIAC Foligno 22 novembre 2014 – 25 gennaio 2015) – mi è sembrato di frugare nel diario irrequieto di un vagabondo senza meta. Immagini senza titolo, senza riferimenti al come e al quando che trasmettono solitudine e assenze, ma che in qualche modo ci rendono spettatori malinconici del teatro della vita.
La ricerca estetica non sembra la preoccupazione principale di Daido Moriyama, ma molti scatti sono ‘intrinsecamente belli’ nella loro apparente casualità: sono le prede occasionali di un cacciatore non a caccia, di chi non cerca niente, ma che all’improvviso viene colto da qualcosa che lo fa sobbalzare – un suono? una presenza? una visione? – e spara, senza fragore. E cattura immagini ovattate di un mondo rumoroso il cui fragore è filtrato dalla grana della pellicola che lascia trascendere la realtà verso un’immobile e onirica dimensione incantata.
“Visioni dal Mondo” è la storia di un uomo silenzioso, partito verso la fine degli anni ’50 e mai arrivato che continua ad accumulare istanti non suoi per poi dimenticarli sul pavimento di qualche stanza vissuta. Mi sono immaginato Maggia entrare in una di queste stanze, forse la più grande e la più buia e trovarsi di fronte ad una distesa di foto sparse sul pavimento di legno scomposto. Me lo sono immaginato immobile, in bianco e nero, sgranato e sfuocato a sua volta. E’ di spalle e non posso vedere lo sgomento sul suo volto al pensiero di dover dare un ordine impossibile nella vita da strada di un maniacale collezionista di spazi e tempi senza luoghi e senza memorie. Poi, in ginocchio sul pavimento, intento a frugare per accostare, trovare similitudini, ricorrenze, analogie…
Ma quel fil rouge che possa tenere insieme una vita vissuta così non esiste e allora nasce un libro davvero visionario e appassionante, simbolico e quasi fantastico, forse vagamente borgesiano in quegli attimi di incanto istantaneo, in quei momenti rari in cui ci sembra chegli scatti stiano per rivelarci qualcosa che nessun altro ha compreso mai.
Un libro da avere, una mostra da vedere per scoprire dove finisce la realtà e dove comincia l’arte di un grande fotografo on the road.
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