Le finestre son fatte per essere lette come pagine di un libro.
Consulto la mia come una Guida.
È un viaggio ogni giorno che vivo.
Mi segno d’abitudine prima d’uscire e c’è nel segno della croce, pure in quello, il moto dei punti cardinali.
Esco sul pianerottolo, monto in ascensore e per il vecchio sistema a molle sussulto sulla pedana come saltato s’un canotto.
Influenzato dalla discesa, penso alla nascita come a un urto e vivere diventa doverne attutire il senso.
Calo lo sguardo triste fin giù ai piedi del mondo.
Lo rialzo quando le porte dell’ascensore si riaprono e riprendo a sperare quando il sole scialba la parete del pianoterra facendola sembrare imbiancata.
Percorro la rampa d’uscita del mio palazzo, drizzo gli occhi e incrocio lo sguardo del mare.
Ci s’intende a silenzi noi due, e vince chi sta zitto più forte.
Ogni napoletano deve averne nel cuore qualche litro.
Quando vengono gli occhi lucidi non sono sempre lacrime.
Spesso è quel po’di mare rimastoci in corpo dopo il primo tuffo da piccoli.
Succede a volte che ci straripa dagli occhi implorando d’uscirne e può sembrare pianto.
Questo racconto è l’ottavo che Sergio Saggese, autore di Codamozza, ci ha regalato per la nostra rubrica Visioni mondaniche
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