Uno stile prosciugato, snello, filiforme, a volte sospeso nel vuoto, a volte abbracciato ad una coralità ricca di imprevisti e sorprese, dà corpo ad un racconto lungo che si distingue nettamente per la sua forza emotiva e per la sua precisione nel dirsi.
Il gioco sontuoso degli episodi, che si sviluppano e si propongono con grande semplicità nella loro quotidianità rinnovata, fa si che la lettura scorra senza intoppi e l’unità del dettato rimanga integro nel suo sviluppo.
E’ qui la vita del giovane “Tonino”, che si sciorina senza alcuna remora attraverso la voce narrante, che potrebbe essere anche la sua stessa voce.
Tutto quel che accade in questa provincia multicolore, illuminata dal sole, dal banale vuoto esistenziale di una gioventù abbagliata all’impegno sociale della stessa gioventù, stanca di aggrapparsi al “muretto” delle illusioni, è qui proposto con la malinconia del distacco, rappresentata positivamente dal gioco dei giorni o dal sempre attento motivo della memoria.
Un’ esperienza umana nel ritmo caleidoscopico del mediterraneo.
“Nei momenti di forte malinconia depressiva ricorreva ai molti palliativi. Il primo della lista era il caffè. Si, va bene, il lettore del Nord penserà al solito armamentario del napoletano da vendere con il paccotto ai turisti. Invece chi ha vissuto almeno un poco a Napoli o nella sua Provincia sa benissimo che effettivamente questa strana sostanza fa parte della nostra vita: davanti ad un caffè si sono decisi amori, si sono rafforzate alleanze camorristiche, si sono rinsaldate amicizie politiche…”
In contrasto si accenna con estremo garbo a sospetti politici che svolazzano nella mente attonita del protagonista:
“Come mai al cittadino medio non interessa che gli stanno fottendo i soldi con lavori pubblici finti, mentre la sua eccitata fantasia è mossa solo dalla conoscenza dei particolari dell’ultima tragedia che può accadere? Tonino questo rilievo pseudo-culturale se lo era sempre spiegato con l’incapacità di molti di metabolizzare l’idea della morte…”
“Di politica Tonino non vedeva proprio l’ombra. Gli sembrava – quella strana adunanza – solo un modo per passare in maniera diversa il pomeriggio di un giorno di tarda primavera…”
L’uso espressivo della metafora, il crogiolarsi fra le parole inutili dei compagni, il rinnovare con acredine il dolore dei giorni perduti, l’azione esplorativa di una mente ancora giovane alla ricerca di una realizzazione estetica ed umana, sono le apprezzabili iridescenze di questo volume.
Antonio Spagnuolo
Vico Acitillo, 3 Agosto 2006
il volume Il sole di stagno di Vincenzo Aiello
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