Le caratteristiche ‘insulari’ della penisola sorrentina fino alla apertura della strada rotabile nel 1834 hanno spinto i sorrentini verso il mare fin dall’antichità. Sulle spiagge delle marine si costruivano nei primi secoli dell’età moderna le imbarcazioni per il commercio di cabotaggio con Napoli, grande mercato di consumo delle produzioni locali, e con le località costiere del golfo di Salerno. Le barche erano saettie e feluche armate a vela latina
Nel corso del XVIII secolo la marineria sorrentina s’inserì nel commercio marittimo in tutto il Mediterraneo, specializzandosi in particolare nel commercio del grano. Le navi caricavano negli approdi della Puglia e della Sicilia, ma anche del Mediterraneo orientale, per trasportare i cereali a Napoli e nei porti di Marsiglia, Tolone, Barcellona, Alicante, Cartagena, Cadice. Le imbarcazioni varate nei cantieri di Cassano e Alimuri diventarono sempre più grandi.
Oltre alle tartane e ai pinchi a tre alberi a vela latina, i maestri d’ascia primeggiavano nella costruzione delle polacche, tanto da avere commesse da armatori genovesi e noleggi da mercanti adriatici. Queste nella prima metà del secolo, erano navi dalle forme piene, con larga poppa a specchio, armate con tre alberi a vele quadrate al maestro e latine al trinchetto e alla mezzana. In seguito l’armamento diventerà interamente quadro, con alberi di un solo pezzo, economici e di facile manovra, ma inadeguati alla navigazione di lungo corso.
Qualche anno fa abbiamo pubblicato un libro molto interessante curato da Massimo Maresca e Biagio Passaro che raccontava la storia della marineria della Penisola sorrentina: le principali società armatoriali, le scuole, le tradizioni familiari e intere comunità profondamente legate alle attività del mare. Vogliamo riproporvi in questa sede le principali tematiche trattate dal libro per condividere la storia di successo di un settore produttivo molto importante ancora oggi per l’intero paese.
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