Siete mai stati al Labirinto della Masone di Franco Maria Ricci? Se no, andateci, ne vale davvero la pena, è a Fontanellato a pochi chilometri da Parma e fino al 14 ottobre 2018 c’è una piccola ma preziosissima mostra temporanea dal titolo Tesori d’Oriente.
Il sottotitolo inganna un po’ il visitatore: la Camera delle meraviglie di Garcia de Orta. In realtà gli oggetti esposti non appartengono a Garcia de Orta, ma tutta la mostra prende spunto da una “virtuale” Kunstkammer che emerge da un trattato che questo signore pubblica nel 1563.
Ma chi è Garcia de Orta? Garcia de Orta è un medico e botanico portoghese nato intorno al 1500 che verso i 34 anni pensò bene di trasferirsi a Goa, in India, probabilmente per sfuggire alle problematiche legate alla sua origine ebraica.
Proprio a Goa pubblica i suoi Coloquios, più di 500 pagine di dialoghi tra l’autore e una serie di personaggi, fra cui un collega immaginario, in cui abbondano informazioni assai curiose su tutto ciò che lo affascinava, dalle proprietà terapeutiche del mondo vegetale a materiali esotici come ad esempio il guscio di tartaruga e l’avorio, soffermandosi di tanto in tanto anche su questioni antropologiche, linguistiche, politiche, militari, religiose e commerciali. Pensate che fu il primo europeo a catalogare le erbe medicinali indiane nel loro habitat naturale.
Molti di questi colloqui sono dedicati invece proprio a tutti quei materiali utilizzati per realizzare le opere che poi ritroviamo nelle Kunstkammer di mezza Europa – le camere dell’arte o delle meraviglie riservate a tutto ciò che di esotico e strano proveniva soprattutto dalle Indie Orientali.
La mostra quindi prende spunto da queste atmosfere e propone un piccolo viaggio nel Rinascimento, a cavallo tra Oriente e Occidente, che permette di ammirare oggetti di straordinaria bellezza lavorati in avorio, madreperla e pietre dure che non smettono mai di affascinare.
Sono manufatti provenienti quindi da collezioni private italiane e portoghesi e da alcuni musei.
In perfetto stile Franco Maria Ricci la mostra è molto elegante: all’ingresso siamo subito accolti da un delicatissimo quanto bellissimo ventaglio della metà del XVI secolo di avorio e cuoio dorato. Oggetto rarissimo perché di una fragilità estrema ma che testimonia la fama di cui a quell’epoca lo Sri Lanka godeva per quanto riguarda la lavorazione e la produzione di oggetti d’avorio.
In realtà tutta la mostra cerca di raccontare, oltre alle raffinate manifatture indiane, anche le relazioni commerciali e culturali tra i territori asiatici colonizzati dai portoghesi, durante l’epoca delle grandi scoperte.
Dicevamo dell’avorio: sembra si prestasse molto bene alle rappresentazioni di carattere sacro e religioso e, la cosa strana da notare è che, a differenza di quanto succede per la madreperla, negli oggetti realizzati con questo materiale l’influenza islamica è praticamente del tutto inesistente.
Vediamo comunque che si mischiano le culture e le rappresentazioni. Ad esempio sempre nella prima sala troviamo una scatola dove le raffigurazioni tradizionali cingalesi si affiancano al credo religioso del committente per cui sul retro abbiamo tre leoni e sui lati croci venerate da angeli e sul coperchio una Vergine con il Bambino. Quindi la tradizione locale che si mescola con la tradizione dei colonizzatori.
Una piccola caduta di stile c’è forse nella seconda sala dove sono attaccate alle pareti delle immagini di particolari molto ingranditi su forex… non che ci sia niente di male, ma da Franco Maria Ricci, però, non te l’aspetti.
Mi piace però il fatto che ci sia un tavolo dove puoi sederti a sfogliare o a leggere il libro che accompagna la mostra.
L’ultima sala è dedicata alle perle e alle madreperle, che anche Orta tratta nel suo libro in un intero capitolo, perché ai suoi tempi avevano un utilizzo anche in medicina sia in India che in Europa: pensavano che polverizzate fossero una panacea per le malattie cardiovascolari.
Ci sono degli altri oggetti di straordinaria bellezza, fra cui un incredibile tavolo da gioco pieghevole in teak, palissandro, ebano, avorio decorato con lacca colorata, metallo e rame dorato, proveniente da una collezione privata di Lisbona.
Sono quelle tavole che hanno diverse funzioni e tanti segreti da scoprire: peccato che non si possa toccare e cercare di scoprire tutte le trasformazioni che può fare e i cassetti nascosti che si possono aprire.
Sembra che sia stata realizzata sulla costa del Malabar una regione situata lungo la costa sud-occidentale della penisola indiana. Stupendo!
Ovviamente anche Garcia de Orta era un giocatore di scacchi e quindi probabilmente un utilizzatore di queste tavole meravigliose… nel suo libro ne riporta proprio una decorata con madreperla e guscio di tartaruga.
E poi ci sono degli scrigni di una bellezza incredibile in cui vediamo anche l’uso del guscio di tartaruga. Siccome questo materiale non era molto usato nei preparati medici Garcia de Orta non vi presta molta attenzione, però ci spiega come viene usato nella decorazione degli oggetti d’arte: in pratica, riscaldando lo strato esterno del carapace, diventa modellabile e gli si può dare la forma che si vuole e sembra che questa fosse una tecnica ben conosciuta dagli artigiani del Gujarat, uno stato dell’India nord-occidentale, con la quel venivano prodotti diversi oggetti.
Insomma, mostra piccola, ma molto molto raffinata sia nell’esposizione che nel ‘viaggio’ che ti fa fare.
È curata da Pedro Moura Carvalho, storico dell’arte forse poco conosciuto in Italia ma molto attivo a livello internazionale e con un curriculum davvero di tutto rispetto: è uno studioso di arte islamica con profondi interessi nelle tradizioni artistiche interculturali, specialista nella storia delle arti applicate è stato direttore dell’Asian Art Museum una delle principali istituzioni artistiche di San Francisco e ha al suo attivo decine di pubblicazioni e di mostre realizzate.
Insomma, un progetto di grande qualità che merita sicuramente una gita a Fontanellato.
Con il biglietto di 18 Euro si può vedere sia la mostra che la collezione permanente che il labirinto che la piramide al centro del labirinto. E ci sta!
L’unica pecca è che se uno ha già visitato il labirinto, la collezione permanente e la piramide, non può avere un biglietto ridotto solo per la mostra e questo è un po’ un autogoal perché scoraggia un po’ la gente dal ritornare (che è poi la funzione alla quale dovrebbe assolvere la mostra temporanea).
Quindi faccio un appello a Franco Maria. Franco, da editore a editore: metti un biglietto per visitare solo le mostre temporanee! Fai delle cose bellissime però non si possono pagare tutte le volte 18 Euro per vedere solo le tre sale della nuova mostra.
A parte questo, se non ci siete mai stati vi consiglio vivamente di andarci. E’ un luogo meraviglioso e volendo ci si può trascorrere una giornata intera con tutta la famiglia.
Se siete interessati in particolare alla mostra Tesori d’Oriente la potete visitare fino al 14 ottobre… un po’ di tempo ancora c’è. Buon viaggio!
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