Ci sono solo tre narratori in Italia pieni di storie legate alle loro terre che non debbano per forza o per marketing fare gialli o noir: Pennacchi, Camilleri ed Andrea Vitali, il medico bellanese con la passione per la psichiatria. Quante storie ha scritto Vitali di quel suo microcosmo?, non ne portiamo più il conto; solo godiamo della sua esistenza e ci chiediamo perché ci piaccia questo narratore di lago?
Leggendo il suo ultimo “Le mele di Kafka (pagg. 242, euro 16.90; Garzanti)”, ricordiamo il perché…
A Bellano al Prevosto arriva una telefonata nel cuore della notte: sta morendo il cognato di una compaesana – la moglie di Abramo Ferrascini che gestisce la ferramenta locale – e la coppia deve recarsi in Svizzera per una visita familiar-assistenziale. Si dà il caso che il Ferrascini sia anche il raffatore della coppia di bocce, gloria locale, e che fra due domeniche ci sia la finale provinciale che determinerà la supremazia valliggiana e che il proprietario del circolo, il monco Stimolo, allenatore della coppia che comprende l’accostatore Tontoli, sia in ambascie. Come vedete una di quelle belle storie paesane chiuse e claustrofobiche che nel Bel Paese fatto quasi tutto di paesi, acchiappa tanto lettori dai palati consimili.
Poi c’è quello che il caro Vinicio Capossela chiamerebbe “giacimento culturale” che è un’altra delle bellezze della nostra Italia e che nel caso di Vitali si sostanzia in verbi come: carcagliare ed inzigare od in aggettivi come imbesuito. O per dire saracinesca; nell’utilizzo di un termine meneghino come cler che richiama l’èclair francese.
Ecco il perché ci piace Vitali e che consigliamo a tutti di leggerlo e di farci presentazioni per conoscerlo: perché a differenza di altri suoi colleghi è anche una persona da andarci a mangiare la sera.
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