Andiamo verso una roulotte con gli pneumatici a terra inchiodata in una discarica a cielo aperto: bozzoli di ferro arrugginito e plastica bruciata, carcasse d’auto e cumuli di rifiuti.
Il mio amico sale la scaletta e batte il pugno sulla porta di alluminio. Io resto alle sue spalle.
Apre un uomo in vestaglia di flanella.
«Salve. Scusatemi se non ho aperto subito ma non potevo ignorare il richiamo della natura».
«Eri al bagno».
Il mio amico si volta e mi fa l’occhiolino.
«Sì ma non volevo dirlo esplicitamente davanti al tuo amico, che non ho il piacere di conoscere. A proposito: io sono Gioele».
Gli dico il mio nome e lui ci invita a entrare nella roulotte.
È un ambiente angusto dove devi stare attento a come ti muovi per non finire infilzato in uno spigolo di mobilio.
Ci fa accomodare a un tavolino dove ci stiamo a malapena tutti e tre: i nostri gomiti si sfiorano l’un l’altro. Siamo così vicini che possiamo notare i punti neri sui nostri nasi.
Alle pareti sono attaccati cassetti di legno coi manici di plastica.
Dal soffitto pende una lampadina piena di moscerini morti.
Gioele ci vuole offrire il caffè.
Da un cassetto alle sue spalle tira fuori un fornello elettrico e lo posiziona sul tavolino davanti alle nostre facce attente.
Traffica su un ripiano di acciaio mentre la piastra del fornello si scalda. Immagino di friggerci su la faccia di Artemio.
Mette la moka carica sulla piastra cocente e si siede al tavolino con noialtri. Dopo che abbiamo bevuto il caffè batte il filtro della moka sul tavolino finché il fondo si stacca. Unisce le palme delle mani come se si accingesse a pregare, tira un sospiro e chiude gli occhi.
«Che sta facendo?»
«Sta cercando la tua ragazza».
«Glielo hai chiesto tu?»
«Sì, per telefono».
Gioele immerge un dito nella poltiglia marrone e la spande disegnando dei solchi circolari che osserva con attenzione. La ricompatta e ripete l’operazione. Poi indica un punto nella spirale esterna.
«La tua ragazza è qui».
Mi soffermo sul suo volto: gli occhi celesti spruzzati di verde e la barba incolta; la folta capigliatura bionda colla scriminatura al centro che ricade abbondante sulle spalle.
Quest’uomo è Gesù!
«Qui dove?»
«Più vicino di quanto tu possa immaginare».
«Perché ti pizzichi il braccio?»
«Perché questo è un incubo e io voglio venirne fuori».
«Ma non stai dormendo!»
A volte mi domando se il mio amico è scemo.
Gioele scuote il capo contrariato.
«Sei un miscredente. Non hai fede. A stento ti fidi di te stesso.»
Minchia!
«Io non mi fido delle tue fregnacce!»
«Le mie non sono “fregnacce”.»
Gioele abbandona la sedia e scompare dietro una porticina.
Il mio amico sgrana tanto d’occhi.
«Che hai combinato? Quello ci mette a disposizione il suo potere per aiutarci a trovare Angela e a te non viene in mente niente di meglio che dirgli che è un ciarlatano?»
«Ascolta: io ti voglio bene come al fratello che non ho mai avuto ma non dirmi che anche tu credi alle sue parole altrimenti ti disconosco come amico con effetto immediato».
«Invece gli credo eccome. Quello là ha fatto ritrovare il cadavere di un bambino annegato sul greto di un fiume dopo che i sommozzatori lo avevano cercato invano per tre giorni. Comunica coi morti. Quelli gli indicano dove si trovano le loro spoglie mortali e lui lo riferisce alla polizia, che ritrova i corpi».
«Vuoi dire che Angela è morta?»
«Ti sto solo illustrando le sue imprese. L’anno passato ha guidato una squadra di guardie forestali e volontari della protezione civile su per una montagna nel punto esatto dove un uomo scomparso da cinque anni si era costruito una capanna di rami e foglie e viveva da eremita. Che ne dici?»
«Che ha avuto una gran fortuna…?»
Gioele torna reggendo un faldone gonfio come un calzone.
Ordina al mio amico di togliere il fornello dal tavolino e ce lo lascia cadere sopra provocando un tonfo.
Scioglie i lacci sui tre lati del faldone con rapidi movimenti delle dita. Fanno capolino i primi ritagli di giornale debitamente imbustati e catalogati in ordine cronologico a partire dal 1993.
Il mio amico guarda le pagine a bocca aperta soffermandosi sui titoli e sulle foto. Mi dà di gomito.
«Guarda quanti casi risolti!»
«Ci credi ora?»
Do un’occhiata per accontentarlo ma stento ad accettare l’idea che il ritrovamento di Angela debba dipendere da uno stregone.
«Devi venire con noi».
Gioele scruta il mio amico aggrottando le sopracciglia.
Sono indispettito perché non mi ha interpellato. Ha preso il comando della situazione con un tempismo perfetto. E pensare che sulle prime non voleva aiutarmi!
«Non mi sembra una buona idea».
Il mio amico guarda la foto di una donna nuda, non capisco se viva o morta, che viene portata via a spalla da un gruppo di vigili del fuoco lungo il crinale di una collina.
«Gioele troverà Angela».
«L’ha già trovata. Ci scrive l’indirizzo e ci andremo senza di lui».
«Non ci arrivereste senza di me».
«Quindi vieni con noi…»
«D’accordo. Mi avete convinto».
Forse intendeva dire che il mio amico lo ha convinto.
«Lasciate che mi metta addosso qualcosa di decente».
Gioele scompare nuovamente dietro la porticina.
«Ma che ti salta in testa?»
«Dammi retta: c’entrano gli alieni».
«Vuoi assistere al mio primo attacco epilettico per caso?»
«Mi riferisco all’incontro ravvicinato che ho avuto con l’alieno nel giardino dietro casa mia. Ricordi la foto che ti ho mostrato?»
«Non capisco cosa c’entri colla scomparsa di Angela».
«È stato lui a suggerirmi di contattare Gioele».
«Come consigliere vale meno di zero: avrebbe dovuto suggerirti uno strizzacervelli piuttosto».
Gioele è tornato.
Ha raccolto i capelli dietro la nuca con un elastico e si è infilato dentro un completo nero da beccamorto che gli sta aderente come una seconda pelle. Ai piedi porta un paio di scarpe di vernice e, quando siamo usciti fuori della roulotte, inforca un paio di occhiali da sole colle lenti rosse.
Si allontana verso un cumulo di cianfrusaglie da cui pesca una tanica per metà colma di benzina, che riversa sulla porta della roulotte, sulla fiancata e sugli pneumatici sgonfi.
Messosi a distanza di sicurezza con noialtri lascia cadere a terra la tanica vuota, si accende una sigaretta e getta il fiammifero contro la roulotte, che prende fuoco.
In breve tempo è avvolta dalle fiamme.
«Tu sei pazzo!»
Mi dico che il solo tra noi che non ha ancora bruciato la propria casa è il sottoscritto.
«Morivo dalla voglia di farlo».
Gioele sorride dietro gli occhiali da sole, rossi come le fiamme che a poco a poco si mangiano quel poco che ha.
Che aveva.
Lo stregone è un capitolo del libro In Limbo scritto da Gennaro Chierchia. Ve lo abbiamo proposto perché tra tutti i personaggi più o meno strani che si incontrano leggendo il romanzo questo è quello che ci ha interessato di più anche per il suo legame con la magia, una magia vera che fa di lui un essere straordinario.
Abbiamo chiesto anche agli altri nostri autori se sarebbe loro piaciuto scrivere una versione dello stregone Gioele e con entusiasmo si sono messi subito all’opera!
Dalla prossima settimana pubblicheremo quindi i loro racconti e per il momento vi lasciamo con una domanda: vi è mai capitato di incontrare un personaggio molto strano che ha avuto un ruolo fondamentale nel risolvere un vostro problema?
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