Ci fu un tempo in cui Gioele fu come tutti gli altri. Poi quel tempo finì, perché così doveva essere, a quanto pare. Gioele crebbe, crebbe tanto che tutti dovettero abituarsi a guardarlo a naso all’insù; e lui a chinarsi all’ingiù, fino a far della schiena una grande gobba. Lungo lungo ed inarcato se ne stava, e pensando che quei minuscoli compatrioti faticassero sempre più a sentirlo da quell’altezza, gridava e tanto forte che a quelli parevan le trombe della fine del mondo; quelle specie di formiche di cui un tempo faceva parte ora lo guardavano con gran meraviglia e soggezione. “Sono io, sono io, son sempre io” badava a dire, lungo e ritorto come un glicine staccatosi dal muro su cui era cresciuto; e quelli tra loro, guardando quell’uomo che pareva un laccio da scarpa svolto “certo che è proprio un gran stringone!”. E parlavano parlavano parlavano ed ancora parlavano di quel ‘Gioele Gran Stringone’; e parlando parlando parlando, sui passi di chi fuori se n’andava in terre lontane, di bocca in bocca la sua storia passò, e tanto masticata fu da tutti come neanche l’erba in bocca ad un bove.
Un giorno il piede dell’ultimo viaggiatore contaballe che più a nord se n’era andato, toccò i confini del regno di Su, che era più su di tutti i regni, al di fuori di Piussù, che ne contendeva l’ambitissima ‘suaggine’. Al palazzo del re di Su come d’usanza ricevettero viandanti e mercanti e si festeggiò. Su-a Maestà il Re di Su porse orecchio a tutto il gran narrare delle stranezze del mondo di Giù e più oltre, ma fu del ‘Grande Stregone Gioele’ che volle sapere di più. “Su quelle spalle che finiscono nelle nuvole e dove nevica anche d’estate, ci sta fitta una testa che parla agli astri guardandoli negli occhi tanto sta in alto, ed urla come un tuono dicendo magie che le nuvole dirada”. “Certo che un Grande Stregone come questo Gioele farebbe al caso nostro, che qua di ‘suaggine’ n’abbiamo, ma con Quelli di Là, di là dal mare, che dicon – pare – d’avere molta più ‘suaggine’ che noi, dovremmo parlarci prima o poi, a chiarir la cosa, ma come fare non sappiamo, ‘chè il mare nel mezzo sta e di là non sentono di certo gli inviti che lor lanciamo, seppur si gridi a squarciagola ed anche più che quasi il sangue cola”. Fu mandato dunque indietro, con nastri e mostrine, spalline e tricorni il viaggiatore contaballe a mo’ d’ambasciatore “Torna e con te porta il Gran Stregone”. Mesi passarono e nulla videro a Su. Poi un dì il tramonto calò d’improvviso ed una nave comparve all’orizzonte, carica d’una montagna tale che la luce del sole aveva coperto: era Gioele. Suonarono trombe, s’accesero fuochi. “Di ‘suaggine’ qui si parla, non di bazzecole mezzecotte e sbocconcellate, quindi la via dobbiam trovare per chiarire con ‘Quelli di Là’ chi più su tra noi sta” fece pomposo il re di Su “Non so se in stregoneria, ma grande di misura lo sei di certo: portaci di là e facciam del chiaro in questa nebulosa faccenda”. Gioele si volse alla costa, e gridò “Ohohhhhhhh, seeeeentiiiiteeeeee? Aooooooooohhh?” e tanto forte che s’ alzarono le onde, poi si sporse avanti ed inarcandosi come neanche un arcobaleno si fece ponte, i piedi poggiati a Su e le mani a Piussù, e i su-dditi di Su passarono di là per la prima volta dai tempi di cui si fa memoria. Avreste dovuto vedere alla luce del crepuscolo quelle fila di cavalieri in pompa marciare sul dorso dell’enorme Gioele. E così lo videro ‘Quelli di Là’, gli abitanti di Piussù, la sagoma nera di un enorme drago pareva, dalla cresta puntuta vibrante come pelo irsuto di un gatto che soffia, un mostro che ruggiva un “Aohhhh” tanto forte da alzare il mare in onde… Quando gli uomini di Su furono radunati sulla costa di Piussù trovarono ‘Quelli di là’ chinati, gli occhi a terra, di parole mozzi di fronte a quel portento d’essere. “Ordunque, si può sapere chi pensa d’avere ‘suaggine’ in misura tale da vincere la nostra?”. Nessuno obiettò, il re di Piussù nemmeno e quelli di Su se ne tornarono trionfanti a casa in pompa magna, gridando “Aooooh al Grande Stregone Gioele!”. ” “Non so se in stregoneria, ma grande nelle azioni lo sei di certo: ora vai, e prima di andare d’ogni cosa che t’aggrada prendine a quattro palmi de’ tuoi”. “Solo una cosa vorrei: ridatemi il nome mio, ‘che son Gioele Gran Stringone”. E Gioele se ne tornò a passi lunghi di miglia l’uno alla sua terra, dove un giorno l’imbrunire arrivò all’improvviso, prima del tempo, e tutti dissero “Gioele è tornato, quel Gran Stringone è di nuovo a casa.”
Questo racconto inedito scritto da Carlos Pambianchi è stato ispirato dal personaggio del libro di Gennaro Chierchia In Limbo: lo stregone Gioele.
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