Possiamo giocare con i Musei?

La domanda che mi frullava nella testa in questi giorni è?

Ma i Musei possono fare a meno delle nuove generazioni?
La risposta è più che ovvia: certo che no!

Ma allora quello che mi chiedo è perché si ostinano a non prendere in considerazione il fatto che in qualche modo, se vogliono rivolgersi ai millennials devono parlare la loro lingua, devono creare un engagement con loro, devono coinvolgerli?

I motivi sono tanti e ne abbiamo parlato più volte: impreparazione del management, mancanza di visione, vecchiume dell’istituzione, ecc. ecc.

Ma non stiamo a piangerci addosso, cerchiamo invece di capire quali potrebbero essere le strade.

Guardavo un video interessantissimo di Fabio Viola (vi metto il link nella descrizione su YouTube) in cui parla, fra le altre cose, della sempre maggiore liquidità che ci deve essere fra chi produce la cultura e chi fruisce la cultura. Questo è un concetto molto interessante che dovrebbe essere alla base di una rivoluzione totale della modalità di fruizione di un Museo.

Come posso fare a tenere coinvolti i millennials della mia città e fare in modo che non vengano solo una volta nella vita a vedere il mio museo ma che tornino periodicamente, che si affezionino, che diventino realmente fans del mio museo.

Sappiamo tutti benissimo che i biglietti non sono sufficienti a rendere sostenibile un’istituzione culturale e allora perché non pensare a nuovi modelli di Business più vicini alle abitudini delle nuove generazioni?

Roberto Grandi, durante l’intervista che abbiamo fatto qualche mese fa diceva che al Museo bisognerebbe andare anche solo per un quarto d’ora, vedere tre o quattro cose e poi uscire e andare a fare altro. Per poi tornare il fine settimana successivo e vedere qualcos’altro e così via.

È ovvio che questo sistema non funziona se ogni volta devo pagare 12/15 Euro. Ma sei io fossi un fan del Museo e avessi una sorta di abbonamento che mi permettesse di entrare quando mi pare e di poter prendere parte alle iniziative del museo allora il gioco è fatto.

Non a caso Fabio Viola nel suo video porta proprio ad esempio il modello dei videogame. Qual è il sistema? Oggi non paghi più per comprare il videogame. È gratuito. E nonostante questo l’industria dei videogame è quella che fattura più di ogni altra cosa al mondo.

Guardare a questo modello è interessante perché è quello che le nuove generazioni hanno nella testa.

Tutto oggi sta diventando un po’ così. Fra un po’ non compreremo più niente, ma pagheremo tante piccole quote mensili o annuali per avere accesso a tante cose o possedere tante cose: software, giochi, palestra, ci si abbonerà a tutto, anche alla casa e alla macchina, probabilmente.

E allora perché non abbonarsi anche al Museo e fare in modo che gli abbonati, proprio come nei videogame, possano interagire sempre di più con l’ambiente, con le opere, con i contenuti? Possano scegliere quanto stare dentro, essere a loro volta creatori di contenuti, mentors per i nuovi visitatori, ambassadors per chi non ci conosce?

E soprattutto, come nei videogame, possano comprare quello che gli serve in quel momento, chessò, l’accesso ad una stanza chiusa, la visione di un’opera particolare, dei contenuti aggiuntivi e con un po’ di fantasia si potrebbe andare avanti ad immaginare mille altre cose.

Nei videogame i ragazzi, ma anche gli adulti spendono soldi veri per avere accesso a cose non vere.

Perché quindi non potrebbe succedere la stessa cosa nei luoghi della cultura? Con la differenza però che in questo caso spenderesti soldi per avere accesso a cose concrete.

Non sarebbe tutto più divertente e accattivante? Secondo me si, e forse anche più in linea con i tempi.

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