È in libreria “Il sole di stagno” di Vincenzo Aiello (con-fine edizioni Bologna, pagg. 64, euro 7,70) giornalista de Il Mattino, che inaugura la collana di narrativa della neonata edizione bolognese. Scrive del racconto la scrittrice Marosia Castaldi: “un giovane camminando per strade nebbiose di salsedine e brina si trovò di fronte a una grande arco oltre il quale si aprivano tante porte. Non sapeva dove dirigersi, quando vide spalancarsi l’ombra angosciosa del male che si chiama scelta. Ma in fondo alla strada guardando la sirena stesa sul mare vide un raggio di luce e per pochi minuti prima di riprendere la via si sedette e disse a se stesso e al creato: “Riposa”. Cosa succede in Penisola? La Penisola di cui narra questo racconto, in un paese che è tutto penisola per sua conformazione, l’Italia, è quella Sorrentina, dove vivono Tonino e Ubaldo, trentini impelagati nella ripetitiva esistenza precaria di lavori mal retribuiti, incomprensibili per i compaesani, come il giornalismo e immersi in una formazione sentimental-politico-religiosa.
L’Azione Cattolica e la vecchia Democrazia Cristiana, la nuova politica fatta solo di apparenze, gli infiniti ragionamenti al bar, la malinconia di una vita che passa senza poter compiere scelte significative, dove le donne sono spesso un miraggio, a loro volta attratte da certezze economiche che i protagonisti non sono in grado di fornir loro: questo è il panorama divertito, feroce e anche speranzoso del racconto di esordio di Vincenzo Aiello, intellettuale, giornalista e critico letterario. Il ritratto di una generazione che ha creduto fortemente in valori che la contemporaneità diserta o ridicolizza, che passeggia scanzonata fra i mirabili luoghi della Penisola, così azzurri, così pieni dei profumi della vita, così belli eppure così inesorabilmente persi in un ritmo lontanissimo dalla realtà. Il sud di Vincenzo Aiello si compie nei ritratti dei borghesi paesani, dei notabili, degli squattrinati di Meta e Sorrento: una giovinezza di guizzi linguistici che sarebbe piaciuta ad Andrea Pazienza, che non risparmia strali all’establishment letterario e politico, lasciandoci con la certezza che un sud di paese ti uccide poco a poco.
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