Van Gogh. Sulla soglia dell’eternità. Il Film di Julian Schnabel

Sono andato a vedere al cinema il film su Van Gogh. Non so se l’avete già visto?!

Film davvero di altissimo livello con una spettacolare regia di Julian Schnabel.

La particolarità di questo film è proprio il fatto che sia un pittore a parlare di un pittore. Perché credo che riesca a restituirci un punto di vista che nessun altro sarebbe riuscito a dare.

Le riprese sono tutte abbastanza frenetiche, a tratti quasi convulse e ti restituiscono molto bene quale poteva essere lo stato d’animo di Van Gogh, questa sua urgenza di dipingere, lo stato quasi febbrile in cui dipingeva i gesti sempre netti e veloci. Diceva che i quadri vanno fatti con un solo gesto netto: i pittori che gli piacevano, Goya, Velázquez, Veronese, Delacroix, dipingevano tutti in questo modo, molto velocemente.

Il film si concentra sugli ultimi anni di vita di van Gogh quando decide di lasciare Parigi per spostarsi in Provenza dove spera di trovare una luce differente.

Qui si sviluppano tre tematiche fondamentali della vita di Van Gogh: quella del rapporto con la natura, quella del rapporto con Paul Gauguin e quello della follia.

Sono molto commoventi le scene in cui lui corre per i campi felice come un bambino di questo contatto con la terra, con il paesaggio dove sembra trovare la sua dimensione, un suo equilibrio.

Molto più instabile è il rapporto con Gauguin che viene pagato dal fratello di Van Gogh, Theo, per passare del tempo insieme a lui in Provenza. Fra i due c’è proprio un modo diverso di intendere la pittura, Van Gogh ha bisogno sempre di partire da un dato reale, dagli scarponi, da una persona, da una pianta, un paesaggio. Mentre per Gauguin la natura è quella che lui vede con gli occhi della mente. Gauguin guardava dentro, Van Gogh guardava fuori. I problemi fra di loro ovviamente non erano solo di incompatibilità artistica, ma di incompatibilità di carattere e quindi Gauguin dopo un po’ se ne ritorna a Parigi e, come sappiamo tutti Van Gogh reagisce tagliandosi un orecchio.

La cosa che colpisce è che lui non smette mai di dipingere, in ogni situazione, anche quando si ricovera nell’istituto psichiatrico la condizione che lui pone è che possa continuare a dipingere. Sembra che sia l’unica cosa che lo faccia stare bene.

Molto bella anche la scelta di Schnabel di prendere ogni tanto il punto di vista dell’artista con un’immagine leggermente sfocata per metà che sembra davvero quasi metterci nella sua testa e vedere le cose come se fossimo lui. È un continuo gioco di alternanza fra fragilità e forza, fra l’instabilità dell’uomo e la potenza dell’arte e bisogna dire che Willem Dafoe fa un’interpretazione magistrale e incarnare perfettamente il ruolo di Van Gogh con una capacità di immedesimazione nel personaggio veramente incredibile.

Insomma, ottimo film, guardatelo perché non capita tutti i giorni di riuscire a trovare qualcuno che sia capace di parlare di un artista in maniera così introspettiva e allo stesso tempo così appassionata.

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