Radio3 Suite: Un luogo che riverbera verso il futuro ma soprattutto anche, in questo caso, guardando al passato, delle sue tante attività in particolare culturali e una storia intensissima. Sto parlando di Milano, e sto parlando di un luogo specifico di Milano: Vicolo dei Lavandai. Questo è il titolo di un piccolo (almeno nelle dimensioni) librino, che per altro è in due lingue, in inglese e in italiano, edito con-fine contemporanea, e è un dialogo fra Arnaldo Pomodoro e Flaminio Gualdoni che racconta molte storie di Milano e una in particolare.
Buonasera Flaminio Gualdoni.
Flaminio Gualdoni: Buonasera
R3S: vogliamo allora sinteticamente spiegare che cosa racconta questa conversazione con , e Arnaldo Pomodoro qui naturalmente, con un grande scultore nascono tante possibili diramazioni raccontando una vita intera e una città in tanti modi diversi…
F.G.: Fondamentalmente quello che ci interessava era raccontare Arnaldo Pomodoro attraverso i suoi luoghi di elezione, in particolare questo luogo dal nome meraviglioso Vicolo dei Lavandai. Poi per un vecchio milanese come me nato sui navigli, l’idea che quello sia in qualche modo il centro della città è sempre stata molto chiara, luogo leonardesco, luogo meraviglioso.
Arnaldo che viene dal Montefeltro e che ha già avuto uno studio a Milano vicino lo studio di Fontana insieme a suo fratello Giò, incontra questo luogo negli anni ’60 e ne fa il suo studio. Un luogo veramente strano e molto tipico perché sono i grandi edifici di ringhiera che avevano al centro, nella corte, dei laboratori artigianali. Pomodoro occupa un primo spazio poi man mano si estende, tra l’altro si estende a seconda di come i vari laboratori artigianali, negli anni, si ritirano e cessano l’attività , quindi costruisce una specie di labirinto che non è un luogo unitario, ma proprio la sommatoria di tanti spazi che nei decenni si aggiungono. Ne è nato questo studio bellissimo, che poi è anche stato lustrato da un intervento architettonico importante nel 1983 di Vittorio Gregotti, ed è in qualche modo il luogo della vita di Pomodoro, perché li sono nate tutte le sue sculture importanti dagli anni ’60 fino ai nostri giorni.
R3S: ed è peraltro, appunto, un intervento che prelude appunto l’intervento di Gregotti su una parte della città che cambiava, che gli da una nuova vita, un nuovo percorso, una nuova storia. Una parte della città che già aveva tantissima storia di per se che viene, in qualche modo, non dico salvata, perché tante altre parti dei Navigli sono tutt’oggi integre e molto belle, però gli viene dato un nuovo spazio, una nuova possibilità di fiorire. Ci sono, in realtà anche altri luoghi…
F.G.: si, ci sono i luoghi che poi Arnaldo piano piano, nel corso degli anni in qualche modo incorpora in questa sua attività che è sempre un’attività generosissima e in qualche modo frenetica perché riguarda il suo lavoro ma anche il lavoro dei suoi colleghi artisti, il lavoro dei giovani artisti. Questo lo porta ad acquisire e ad articolare gli spazi a seconda di una serie di attività che svolge a partire dalla metà degli anni ’90 conla Fondazione Arnaldo Pomodoro che è in qualche modo il braccio culturale delle attività che riguardano strettamente il suo lavoro. Continuamente la sua ottica e, per alcuni anni, l’ottica che segue con Gregotti poi con l’architetto che diventa suo punto di riferimento fisso cioè Pierluigi Cerri, esempi di identificazione di vecchi luoghi molto tipici che trasforma in luoghi di cultura.. C’è la prima sede della Fondazione che è al quinto stabile della cintura di Milano, una vecchia fabbrica di bulloni, che viene trasformata nella prima sede della Fondazione che apre nel ’99, e poi la seconda sede della Fondazione che è quella grandiosa che molti ricordano, che è stata aperta fino a pochi mesi fa, che è il grande pezzo della ex Riva Calzoni, una enorme fabbrica di turbine che sorgeva dagli anni ’80 dell’ ‘800, in un luogo che adesso è diventato centrale e molto chic, Via Solari, Via Stendhal, quell’area li, Via Tortona dove adesso si svolge il Fuori Salone, ecc… e che diventa il luogo testimonianza dell’impegno di Pomodoro nei confronti della scultura, nel senso che è il luogo che lui destina a mostre, attività culturali, a promozioni, a work shop, ecc. e che è stato attivo fino a pochi mesi fa diventando uno dei perni di quel po’ di cultura, non moltissimo devo dire che ancora a Milano si può svolgere, si può attuare.
R3S: e da questo punto di vista è, l’ho detto, è un libro piccolino, però è non soltanto una bella conversazione quella che avete realizzato insieme, ma è anche (questo è interessante), un modo di raccontare, e in fondo lei che ha insegnato storia dell’arte all’Accademia di Brera, ha trovato una chiave per raccontare in modo molto semplice e affascinante com’è cambiata Milano, come sono cambiate tante parti di Milano. Quando si dice questa frase normalmente spesso s’intende com’è cambiato in peggio, ma in realtà semplicemente si evolve una città e, in particolare Milano, ha una capacità di evolversi in modo straordinario e, forse Arnaldo Pomodoro è uno degli interpreti di questa evoluzione così radicale: lavora in tutto il mondo ma è così radicato nella sua città
F.G. : io credo che sia proprio la capacità di un artista, devo dire quasi a livello istintivo, di riconoscere i luoghi, questo almeno è tipico di molti scultori e di Arnaldo Pomodoro in particolare. Avere il senso del luogo vuol dire capire e saper valorizzare l’identità profonda e l’identità storica, cioè pensare moderno senza necessariamente sterminare il passato e questo credo che sia una grande chiave per un artista come lui che ha sempre lavorato con un occhio particolarmente attento ai rapporti, al dialogo con la cultura architettonica questo è stato fondamentale. Quindi io devo dire per esempio che nei decenni e in questo lavoro che lui ha fatto nei suoi edifici, nella case della sua scultura Pomodoro ha sempre insegnato a tutti gli altri, architetti compresi, a guardare i luoghi. Mi ricordo che quando lui nei primi anni ’80 stava trasformando, stava facendo diventare il suo studio che poi è la prossima sede della Fondazione, perché poi l’intenzione del libretto Vicolo dei Lavandai era di raccontare in sintesi le tappe della storia della Fondazione che per alcuni anni io stesso ho diretto, e di raccontare cosa succederà da qui in poi, ha sempre fatto in modo che questi luoghi non li vedessimo. Quando nei primi anni ’80 lui stava trasformando Vicolo dei Lavandai e quel pezzo di darsena, non c’era nessuno, era ancora un quartiere che non si frequentava, e la sua bellezza era completamente come occultata da cattive informazioni, cattive nozioni che si avevano della città. Da questo punto di vista ha guardato, ha saputo guardare e ha anche insegnato a guardare. Poi è la stessa cosa che è successa, secondo me, con questa esperienza straordinaria in termini di intuizione, e secondo me la più bella, che è quella della sede di Via Solari che è stata veramente la rivelazione di quale potenza avessela RivaCalzoni, non solo in termini di grandiosità industriale ma anche di grandiosità architettonica. A me è sempre piaciuto confrontare un vecchio straordinario documentario che aveva realizzato Ermanno Olmi sulla Riva Calzoni ancora attiva e poi come questi luoghi si sono trasformati. In qualche caso sono diventati dei normali e, devo dire, un po’ banali atelier di moda, nel caso della Fondazione Pomodoro si è ritrasformato in un’altra fabbrica, fabbrica di idee questa volta, quindi la modernità che ha saputo assumere a se tutte le identità storiche che quelle mura conservavano. Da questo punto di vista Pomodoro è stato veramente un pioniere, un uomo che ha insegnato a vedere oltre a saper vedere.
R3 S.: io ringrazio molto Flaminio Gualdoni per averci un po’ raccontato di Arnaldo Pomodoro, come fa in maniera molto più ampia ed estesa in questa sua conversazione Vicolo dei Lavandai. Dialogo con Arnaldo Pomodoro con la postfazione di Gino Fienga edito da con-fine contemporanea.
Radio3 Suite. Trasmissione del 14 agosto 2012
Ascolta l’intervista su youtube.
il volume Vicolo dei Lavandai. Dialogo con Arnaldo Pomodoro di Flaminio Gualdoni.
One response
E’ sempre un piacere ascoltare le persone che sanno parlare…